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sabato 8 novembre 2014

New York 10 anni dopo

Si è disputata pochi giorni fa la 44^ Maratona di New York. Quest’anno l’ho seguita in modo particolare, e forse più sentito delle precedenti edizioni, in quanto questo era il decimo anniversario dalla mia prima ed unica partecipazione a questo importante evento, sportivo e non solo. Era nelle mie intenzioni, e in quelle dei miei compagni, ritornare a correre a New York in questa ricorrenza; così non è stato per una serie di motivi, primo tra tutti il problema al ginocchio che non mi ha consentito di prepararmi in modo adeguato ad una gara così impegnativa. Resta comunque l’aspirazione, il desiderio forse un po’ utopico di poter  ritornare a correre su quelle strade perché le emozioni che ho vissuto la prima volta sono state davvero uniche e ne conservo un prezioso ricordo.

Il gruppo che si era creato all’epoca per partecipare alla maratona di New York, mi aveva – per così dire  – incaricato di gestire le iscrizioni e l’organizzazione della trasferta, in quanto ero l’unico maratoneta esperto e conoscevo già l’ambiente e le agenzie specializzate. Forte del ruolo che mi era stato assegnato iniziai  a pianificare la trasferta. Chiesi consiglio ad Orlando Pizzolato, vincitore per due volte di questa importante maratona (’84 e ’85) e testimonial della manifestazione. Devo dire che Orlando è diventato un amico oltre che un validissimo supporto tecnico alle mie esperienze podistiche, ed anche in questo caso si è dimostrato disponibile e molto preciso nell’indicarmi le soluzioni migliori per le esigenze del nostro gruppo composto da nove persone. Alcuni erano presenti solo come accompagnatori  – mio cugino Gianni e il suo collega Massimo – mentre tutti gli altri erano intenzionati a correre la distanza. La coppia Elisa e Daniele erano neofiti della corsa ma avevano la determinazione forte di partecipare. Alessandro, Fabrizio e Maurizio avevano con una preparazione abbastanza approssimativa mentre mio cugino Paolo era già un podista a tutti gli effetti, anche se non partecipava alle gare.

Sono stati mesi intensi quelli  precedenti alla trasferta americana: era un susseguirsi di incontri, di passaggi all’agenzia di viaggi per verificare l’iscrizione e le modalità del viaggio, di ritrovi per parlare di come procedeva la preparazione. Con il passare dei mesi sentivo anche la mia condizione fisica crescere, e quasi magicamente arrivai al mese di ottobre  in forma splendida, considerando sempre il mio livello di atleta amatoriale  quarantenne, tanto da farmi pensare di riuscire a correre la maratona di N.Y. sotto le tre ore. Un obbiettivo ambizioso per un percorso così impegnativo, un rischio che proprio Orlando Pizzolato mi  prospettò il giorno prima della maratona durante la corsa di 5 km che si svolgeva dal palazzo delle Nazioni Unite a Central Park. Anche quella della vigilia fu un’emozione intensa, l’atmosfera che si respirava era di una grande festa, l’incontro di una moltitudine di podisti provenienti da ogni parte del mondo pronti a celebrare un evento che rappresenta l’essenza dell’attività podistica. Lo sport come momento di benessere psicofisico e di socializzazione, il tutto nella città più famosa del mondo diventa unico e irripetibile.

Non fummo soltanto podisti perché le attrattive che offre la grande mela sono davvero tante e così nei giorni precedenti ci stancammo abbastanza per cogliere le tante opportunità turistiche che avevamo li a portata di mano. Quindi arrivammo tutti al giorno della gara non proprio freschi e riposati ma andammo via così, sulle ali dell’entusiasmo. Essendo io l’unico maratoneta del gruppo, ebbi un pettorale con un numero piuttosto basso che mi permise di poter usufruire di una partenza dopo pochi secondi dal fatidico colpo di cannone. Furono momenti di forte impatto emotivo e non nascondo la lacrime di commozione che versai quando fu suonato l’inno americano. Ma palpitanti e coinvolgenti furono tutti i 42 km e oltre della maratona. Eravamo tutti quanti attori su questo palcoscenico e dall’altra parte un pubblico benevolo di applausi e di incitamenti. Innumerevoli le bande musicali che salutavano il nostro passaggio , i “cinque” che battevo ad ogni “Go Italia” ed ogni volta era una scarica di adrenalina che scorreva nelle mie vene.

Tutto questo mi portò quasi inconsapevolmente a correre troppo forte per le mie possibilità. Al 10° km capii che dovevo rallentare e così mi stabilizzai su un ritmo più tranquillo anche se l’avvio era stato davvero troppo irruento, soprattutto la discesa che conduceva al quartiere di Brooklyn. Comunque ero ancora fiducioso di poter raggiungere l’obbiettivo che mi ero prefissato. Il passaggio alla mezza maratona fu ancora troppo veloce (1:27’54’’) rispetto alla tabella stilata per chiudere appena sotto le tre ore, ma ovviamente risentiva dei primi 10 km corsi più velocemente. Ora il ritmo era giusto ed io mi sentivo ancora bene e in spinta.  Alla fine del ponte di Queensborough si entrava nella 1st Avenue, dove era concentrata una grandissima folla, un incitamento che mi diede un ulteriore scarica di adrenalina. Il percorso sicuramente impegnativo mi fece accusare i primi segni di cedimento dopo il 20° miglio: mancavano circa 10 km ma mi stavo spegnendo, inesorabilmente stava arrivando il conto da pagare per l’azzardo che avevo fatto in avvio. Rallentai vistosamente, anche la giornata sin troppo calda non favorì la mia prestazione. Dopo il 35° km si rientrava in Central Park, anche questa una parte ricca di saliscendi e le mie gambe erano veramente segnate dalla fatica e non riuscivo proprio a spingere. Andavo avanti solamente con la forza di volontà ormai i minuti scorrevano inesorabilmente  e il sogno era svanito. Restava sempre e comunque l’atmosfera magica dove tutti sono protagonisti, dagli atleti d’elite ai semplici camminatori. Al 40° km mi passò Paolo Zucca, amico acquese e maratoneta navigato. Lui fu più saggio di me nel distribuire meglio le forze.

Su è giù, stringendo i denti e cercando di arrivare, ormai contava solo quello. “Ci siamo, ultima salita  e l’arrivo”. Distrutto, veramente provato, i primi attimi sono di delusione per un obbiettivo mancato (3:19’14’’). Poi basta solo qualche minuto per capire che le emozioni vissute su quelle strade sono state un esperienza indimenticabile, aldilà del risultato cronometrico.

Un organizzazione impeccabile ha fatto da cornice alla manifestazione, un’attenzione al partecipante davvero straordinaria, un vero e proprio “culto del podista”. Segue il lento ritorno in albergo dove ritrovo – ci vorrà qualche ora  –  i miei compagni di avventura: tutti raggianti per il traguardo raggiunto, mostrano con orgoglio la medaglia di partecipazione. Rimanevano ancora due giorni per fare i turisti, ed anche con le gambe indolenzite riuscimmo a morsicare ancora un po’ della grande mela. New York 10 anni dopo, un ricordo indelebile!

 FIORENZO

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