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domenica 20 novembre 2016

5. Buongiorno buona gente

Dopo una buona dormita, mi sveglio pronto per affrontare la quinta tappa. Nella confortevole camera che divido con il Gian ho dormito proprio bene; così non è per il mio compagno di stanza che ha l’aria sbattuta e stanca. Cosa c’è Gian gli domando, e lui: “Non mi hai fatto dormire!” ma come? mi è sembrato di aver passato una notte tranquilla. Tranquilla? ribatte lui: emettevi dei suoni che erano un misto tra un grugnito, un muggito ed un barrito!, poi degli scatti continui giravolte su te stesso una lotta continua con il materasso, ogni volta che riuscivo a prendere sonno arrivavano puntuali i tuoi sussulti notturni. No no, qui bisogna prendere provvedimenti stanotte stanze separate! Sono dispiaciuto di quello che è successo ma l’inconscio è inconscio…

Superato, speriamo, questo piccolo contrattempo ci ritroviamo per la solita colazione abbondante, quindi ritorniamo a Poggio Bustone davanti al monumento a Lucio Battisti. Facciamo alcune foto con lo striscione della nostra iniziativa (vedi sotto). Poi qualcuno, il più intonato – o il meno stonato – accenna alcune strofe de ”i giardini di marzo”, un altro momento toccante in cui per un attimo scorrono nella mente immagini ed emozioni personali.


Via si parte dopo un altro scatto dinanzi alla statua  di San Francesco ,posta a pochi metri di distanza,la posizione in cui è situata e l’atteggiamento  a braccia spalancate del poverello di Assisi sembra quasi che vogliano accompagnare e benedire il (nostro) cammino. Risaliamo nella parte vecchia del paese, transitiamo presso la porta ad arco detta del “buongiorno”, da cui secondo la storia entrò San Francesco salutando gli abitanti del luogo con un:”Buongiorno buona gente”. Lasciamo il paese percorrendo un sentiero in mezzo ai boschi in direzione del Santuario de la Foresta.

Mentre siamo immersi in questi sentieri a volte anche stretti ed impegnativi, scorgiamo dinanzi a noi un immenso zaino sulle spalle di una pellegrina ed avvicinandomi intuisco che è la donna che abbiamo già incontrato due volte nel nostro cammino (non c’è il due senza il tre!). Salutiamo educatamente, il Gian – che è quello dall’eloquio più sciolto – si sofferma un attimo chiedendo alla donna quale percorso stia facendo  e da dove viene. Lei risponde in un buon italiano dicendo che è austriaca e che sta completando da sola il cammino da Assisi a Roma. Le facciamo i complimenti e gli auguri per la riuscita del suo intento, che determinazione!

In alcuni tratti il sentiero sbuca su strade asfaltate e ci fa transitare per piccoli borghi, San Liberato è uno di questi con la sua bella fontana posta all’entrata del paese, anche gli abitanti del luogo ci danno il benvenuto mentre ci dissetiamo .La nostra tenuta non lascia dubbi: siamo sul cammino di Francesco  e parliamo volentieri del nostro progetto, questa è terra di Santi, ci dicono, ricordando San Benedetto da Norcia e Santa Rita da Cascia.

Riprendiamo la via dei boschi e  attraverso un susseguirsi di saliscendi raggiungiamo Cantalice, siamo nella parte inferiore del paese e per arrivare alla sommità del borgo antico dobbiamo risalire i 300 gradini indicati dalla segnaletica. Gianfranco, il cui ritorno ha dato un impulso di vitalità al gruppo, mette in dubbio l’esattezza dell’indicazione ed incarica l’Ing. Fabio di verificare: è l’unico che può contare fino a 300! dice con un sorriso ironico.  In effetti l’ng. ne conta 301, aveva ragione il Gian.Constatiamo che in pochi minuti abbiamo cambiato la nostra prospettiva, siamo alla sommità del paese e la visuale da quassù è notevole: ad est il massiccio del Terminillo ed a ovest la Piana Reatina.

Lungo il percorso mentre transitiamo in questi piccoli centri percepiamo l’aria domenicale: gruppetti di fedeli si recano in chiesa, davanti ai bar tavoli di persone impegnate in discussioni o semplicemente sedute a bere un caffè e godersi il meritato riposo del giorno di festa. Ancora colline vestite di ulivi allietano il nostro passaggio, quindi una salita nel bosco e finalmente la scalinata che porta al santuario de la Foresta.Un luogo dove soggiornò San Francesco, la  semplicità e l’ordine sono gli elementi che emergono al primo impatto. Il santuario oggi accoglie la comunità “Mondo X” per giovani sulla via del reinserimento sociale, ed è proprio grazie a loro che questo complesso è così ben conservato. Ci  offrono la possibilità di una visita guidata, purtroppo non possiamo dilungarci, però accettiamo di buon grado l’offerta del pane che producono (dietro un piccolo e meritato compenso). Ammiriamo gli orti e i giardini curati davvero in maniera impeccabile, tutto sembra in armonia. C’è un grande valore dietro questo lavoro: il valore del riscatto umano. Ci guardiamo e ne parliamo fra noi: siamo davvero in un luogo unico. La pace  e la serenità che qui regnano assieme alla bellezza della natura ispirarono, secondo la leggenda, San Francesco nella composizione de ”il cantico di frate Sole” e così piace pensare anche a noi. Lasciamo il Santuario soddisfatti , oltre alla bellezza abbiamo percepito anche la speranza, un aspetto di cui qualcuno più avanti ci parlerà “Non lasciatevi rubare la speranza” ( Papa Francesco).

Vediamo Rieti dall’alto, ancora pochi km di strade in discesa, siamo carichi. Il gruppo al completo gira meglio, tutto è più in armonia come un motore che gira perfettamente. Prima andavamo a tre come un automobile che balbetta un po’, ora andiamo a quattro,tutto è più bilanciato. Rieti è il primo ed unico capoluogo di provincia situato sul nostro cammino (Roma  a parte), una città di antichissime origini, ed è una scoperta davvero interessante per noi attraversare le mura medievali ed entrare nella parte vecchia della città: chiese, dapprima quella di San. Agostino, poi la cattedrale, il palazzo papale, il monumento a San Francesco, scorci veramente interessanti che fanno di questa città un apprezzata meta turistica. Percorriamo via Roma, attraversiamo il ponte sul fiume Velino e siamo di fronte ad un monumento di recente costruzione, è quello dedicato alla Lira. “Quando c’era Lei…” qualcuno commenta con una punta di ironica malinconia.

Siamo alla periferia della città, Fulvio il comandante è nell’area camper che ci attende  a poche centinaia di metri, siamo già oltre i 20 km percorsi, abbiamo bisogno di una sosta. Anche oggi ci siamo sincronizzati bene come un equipaggio collaudato: il quattro con. Un buon piatto di pasta ci ricarica di energie, anche se per ricaricarmi ci vorrebbe un bel pisolino domenicale. L a ripartenza è sempre abbastanza  traumatica, mi sento un po’ inchiodato,per fortuna è una sensazione che scompare dopo qualche minuto. Percorriamo l’antica via del sale (la Salaria) fiancheggiata da maestosi tigli che ci accompagnano e ci proteggono dal sole, al massimo della sua espressione estiva, fino a Maglianello Basso. Terminato questo provvidenziale viale siamo esposti come in una vetrina ai raggi solari, siamo a fianco di un torrente in secca, anche le nostre scorte di acqua sono in secca o comunque sono piuttosto calde. Camminiamo su strade immerse nella campagna, praticamente senza incontrare anima viva,e quando dinanzi ad un abitazione vediamo un giovane contadino intento a riempire una cisterna di acqua non ci sembra vero. Ci fermiamo e gli chiediamo se possiamo dissetarci, la nostra richiesta è accolta gentilmente e oltre a dissetarci ed a ripristinare le scorte d’acqua,ci soffermiamo a parlare con il giovane. Il discorso si sposta sul paese d’origine del Gian, Serravalle in Chienti, luogo che il nostro interlocutore conosce bene per avervi lavorato, con chi? Con Beppe, un cugino del Gian! Che combinazione. Ma tu guarda esclama il giovane e poi nel suo caratteristico dialetto:”Porta li miei saluti a Beppe e diielo che sono lu cumpare Andrea de lu povero Bruno, ma te rendi conto!” Immortaliamo il momento con una foto ricordo tra i due, il caso, la fortuna, o la mano di chissà chi…

Rinfrancati nel corpo e rallegrati nell’animo proseguiamo verso il ponte romano del  Sambuco, appena prima però facciamo un altro piacevole incontro, questa volta è un piccolo gattino ai bordi della strada che sembra volerci seguire allontanandosi pericolosamente dal cortile da dove è uscito. Dopo qualche complimento lo riportiamo da dove è sbucato allontanandoci velocemente. Deviamo nuovamente su strade sterrate sino a giungere al ponte romano del Sambuco, un reperto storico che testimonia l’ingegno e la grandezza dell’impero. Da qui risaliamo verso Ornaro Basso, la salita è dura per fortuna il sole inizia ad allentare la potenza dei suoi raggi, è un susseguirsi di saliscendi che rendono il percorso piacevole, ma lasciano qualche segno di stanchezza. Attraversiamo ancora un fitto bosco e mentre camminiamo in  questa selva sentiamo risuonare le note di una banda musicale, no non  abbiamo visioni o allucinazioni, dal borgo (Ornaro Alto?) sulla collina appena sopra  di noi vi è una festa paesana, le note risuonano leggere fino a disperdersi poco più avanti, è stato comunque un bell’accompagnamento. Questo bosco ci ricorda la foresta di Sherwood per la sua fitta vegetazione, certo qui non c’è Robin Hood, ma quando ci troviamo di fronte ad un ponticello piuttosto malandato,il dottore ed il geometra improvvisano una scena particolarmente divertente tratta dal film “L’armata brancaleone” di Mario Monicelli. Scena ripresa e documentabile: lu cavalcone, avanti in fila longobarda.  Grandi risate momento veramente esilarante. Lo spirito non manca certo ai nostri spazzorunners, anche nella fatica sanno tirare fuori la  forza per sdrammatizzare e trovare spunti di grande ilarità.

Ormai sentiamo vicino l’arrivo della tappa confortati dai cartelli segnaletici che indicano l’agriturismo Santa Giusta a pochi km, ancora uno sforzo ragazzi,dai che ci siamo! Raccogliamo le ultime energie e finalmente arriviamo a Borgo San Lorenzo, un tratto in discesa quindi una stradina di campagna ci porta all’agognata meta. Alla fine sono 41 km di saliscendi… pà mal. Un bel casale completamente ristrutturato posto su una dolce collina,il giardino  ed anche la piscina elevano la qualità del locale. Unanimi sono i complimenti per la scelta del soggiorno odierno, il geometra strizza l’occhio e dice “organizzazione Pasquinelli”. Il Gian ha ancora la voglia di fare un tuffo in piscina nonostante le mie turbolenze notturne. Io preferisco una doccia ristoratrice e l’applicazione di qualche rimedio miracoloso fornito dal dottore per il mio ginocchio sofferente. Siamo gli unici ospiti della struttura, quindi le attenzioni dei giovani gestori sono rivolte tutte a noi. Ceniamo nella veranda del locale, molto suggestivo e rilassante lo sfondo panoramico che abbiamo davanti. A tavola ci difendiamo bene, anzi attacchiamo. Come sempre piccolo resoconto della giornata e discussione sulla tappa successiva. Domani ci aspetta il “tappone”: 48- 49 forse più di 50 km, per intanto godiamoci la serata, ce la siamo meritata!

FIORENZO

lunedì 14 novembre 2016

4. Un tranquillo esaltante sabato italiano

Il risveglio in riva al lago è tranquillo e rilassato, il colpo d’occhio di cui godo dalla mia camera è veramente gradevole. Come si suole  dire “una vista da cartolina”. In effetti ci sono tutte le caratteristiche per fare di questa località una valida meta turistica per chi vuole serenità e paesaggi incantati. Camminare sul prato in riva al lago dà una sensazione di  benessere particolare, si potrà obiettare che di cammino ne facciamo già abbastanza e che sarebbe meglio evitare ulteriori passi, ma posso garantire che si è quasi attratti dal passeggiare in un contesto così particolare.
La colazione (molto robusta) che facciamo ci serve anche come momento di consultazione per definire il programma della giornata. Sarà una giornata di “svallamento”, infatti passeremo il confine tra Umbria e Lazio e supereremo la metà del nostro cammino.
Inoltre, e questo è il fatto più positivo, rientrerà con noi GianFranco (il geometra),che dopo le vicissitudini del post terremoto  arriverà in giornata. Sarà compito del comandante Fulvio andarlo a recuperare alla stazione di Terni. Siamo tutti contenti di riaverlo tra noi, il gruppo riprenderà la sua forma iniziale, si completerà con la coinvolgente carica positiva del “ Gian”.
Per oggi non abbiamo previsto il break a metà giornata sul camper,in quanto la tappa odierna sarà la più breve del cammino. Le guide parlano di un percorso impegnativo, non dobbiamo sottovalutare questo aspetto non sarà semplice neanche oggi visto il caldo che già si percepisce e le difficoltà altimetriche che sono evidenti dalle cartine.

Labro
Partiamo calmi e rilassati, camminiamo lungo le rive del lago, sembrerebbe un tranquillo sabato italiano… Notiamo diversi stabilimenti balneari che testimoniano l’attrazione turistica di questo piccolo lago ai più sconosciuto (me compreso). Transitiamo a fianco del centro CONI per il canottaggio, dove si svolgono raduni e gare. Il lago di Piediluco è stato scelto per le sue caratteristiche acque molto tranquille.
Dopo un breve tratto su una statale abbastanza trafficata giriamo a sinistra in corrispondenza di un antica fontanella molto rinomata in zona , infatti troviamo  alcune persone   ad attingere acqua da tale fontana. Ci piace ricordare che in questa località, Vocabolo Valle Spoletina, vi era l’antica dogana tra Stato Pontificio e il Regno di Napoli. Un viaggio questo che tra le sue caratteristiche ci porta anche a fare un tuffo nella storia, otre a quella del Santo di Assisi, stiamo facendo un viaggio nella storia della nostra nazione. E pensando che la nostra meta finale è Roma ci da il senso di quanta grandezza sia costellata la nostra patria.
Entriamo nel parco minerario di Buonacquisto (le miniere di lignite sono ormai abbandonate) proseguiamo dapprima su strade di campagna pianeggianti , quindi entriamo nel bosco salendo  in maniera repentina vero il paese di Labro che vediamo abbarbicato sulle rocce  sovrastanti. All’entrata del paese siamo ”accolti” da una monumentale fontana che fungeva anche da lavatoio, sembra proprio che questa fontana stia all’ingresso del borgo per accogliere e ristorare il viandante giunto fin quassù. Sostiamo qualche istante sul belvedere del paese a ”gustare”  il panorama sottostante. Ammiriamo la pregevole conservazione del piccolo paese in stile medievale, proseguiamo  il cammino alternando tratti su sentieri   a strade asfaltate immerse nella campagna . Attraversiamo piccoli gruppi di case che sembrano quasi sparse su queste colline  a presidiare e custodire il territorio. Decidiamo di fare una breve  sosta per un piccolo spuntino e fare rifornimento di acqua. Casualmente e fortunatamente troviamo anche un bar sul nostro cammino e quindi ne approfitto per fare rifornimento di acqua, mentre mi sto servendo dal frigo del locale non so resistere al richiamo di una birra (tipo famiglia) piccola trasgressione di  cui la nostra dietologa (la dottoressa Mulas) non sarà molto d’accordo…   i miei compagni si però!
Sono pochi  i pellegrini che stiamo incontrando nel nostro cammino e sono quasi rallegrato nel vedere una giovane donna  giungere quasi contemporaneamente a me nel  bar dove sono appena entrato , ha veramente l’aria  di chi sta interpretando questo cammino con grande determinazione, fa caldissimo  è da sola e munita di uno zaino importante, complimenti mi vien da pensare, un saluto che sarà un arrivederci.
La piccola sosta ci rimette in sesto (sarà la birra?) si  sale su strade bianche che accarezzano i profili di queste colline, all’orizzonte un susseguirsi di monti e valli su cui si perde lo sguardo. Però si sale, e quanto si sale!, ogni tanto per nascondere le difficoltà del percorso vado un pochino in avanscoperta ed incito i miei compagni con un : “dai che spiana!” in realtà non spiana quasi mai però è uno stimolo mentale che ha dei risvolti positivi.

Il faggio di San Francesco

Finalmente giungiamo ad  una croce dove vi è la deviazione per il faggio di San Francesco, deviazione doverosa  vista la  storia leggendaria di questo maestoso albero. Infatti si narra che San Francesco si riparò durante un temporale sotto i rami del faggio che si piegarono a forma di ombrello come a volerlo proteggere. Si tratta veramente di un luogo  unico,  la particolare conformazione dell’albero con i suoi rami secolari  contorti ne danno una connotazione assolutamente tipica. Pare quasi sia  li a volerci parlare e narrarci tutto ciò che è successo nella sua lunga vita .In effetti ci sembra molto bella la” preghiera del vecchio faggio” che leggiamo in un grande cartello posto ai piedi dell’albero. Si tratta di un luogo mistico in cui ognuno (credente o meno) è portato a fare una riflessione sul senso della vita e sulla bellezza del creato.
Molto soddisfatti di questa visita risaliamo fino a giungere  alla sommità del monte  dove è posta una graziosa chiesetta  da qui partono i diversi sentieri noi seguiamo quello per Poggio Bustone. Seguiamo le indicazioni del cammino di Francesco e scendiamo  in mezzo a boschi , alternati  da tratti su terreni rocciosi , ad un certo punto scompare la segnaletica . Capiamo comunque che dobbiamo ancora scendere in effetti dopo alcune centinaia di metri troviamo indicazioni del CAI , proseguiamo con qualche dubbio anche se non ci sono alternative. Quando il sentiero sbuca su una strada asfaltata e vediamo le prime case del paese siamo ancora incerti sull’identità di tale paese , ma quando vediamo il cartello “ i giardini di marzo” capiamo che siamo a Poggio Bustone… Tu chiamale se vuoi   Emozioni …
Poggio Bustone è noto ai più (me compreso) per essere stato il paese natale di Lucio Battisti,indimenticato cantautore , vera e propria icona della musica leggera italiana, le sue canzoni hanno accompagnato diverse generazioni , ed anche noi “ ragazzi degli anni ‘60”ne conserviamo ricordi indelebili.  È con rispetto e rimpianto che ci fotografiamo a fianco del monumento a Lui dedicato … grazie Lucio!
La tappa sarebbe terminata, e si perché in realtà dobbiamo ancora raggiungere l’agriturismo prenotato per trascorrere la notte . Roberto contatta i gestori  i quali  ci dicono  che possiamo raggiungerli in 10-15 minuti . “Semo lì andò spiana” queste le parole della titolare , ci guardiamo un po’ stupiti ,il paese è situato su una collina a 756 metri sul livello del mare la pianura che vediamo sottostante a occhio dista almeno due km , vabbè dai andiamo tanto è discesa.. Durante la discesa  incrociamo per la seconda volta  la pellegrina incontrata al mattino la riconosco da lontano è veramente enorme lo zaino che porta sulle spalle, sicuramente ha percorso un sentiero diverso e più facile del nostro , un secondo saluto ammirato  che non sarà l’ultimo . Terminata la discesa( 2,5km) cerchiamo la località Pescatori dove si trova la nostra meta finale , e sorpresa mancano ancora almeno 3 km. Ma che metro usa la signora dell’agriturismo?  6 km in 15’ non riesce a percorrerli neanche l’attuale primatista mondiale dei 5000 metri in pista!
Vabbè ormai è fatta ci siamo , arriviamo nella graziosa cascina perfettamente ristrutturata, piuttosto provati ma comunque soddisfatti anche la quarta è andata . la signora tenta quasi di giustificare il suo piccolo? Errore di valutazione dicendo: “questi sò allenati checcevò?”
Quasi in contemporanea a noi arriva il camper con il comandante ed il nostro ideologo GianFranco (il Gian) grande festa per lui abbracci fraterni e commossi. Ci siamo ci siamo!
Prendiamo possesso delle rispettive camere, e dopo una doccia ristoratrice e  qualche  applicazione di pomate miracolose del Dottore siamo pronti per la cena . In realtà la struttura odierna è dotata di cucina ma non serve pasti, ma gli Spazzorunners  non si perdono d’animo e si trasformano cuoco-runners, preparando una deliziosa cena nella veranda dell’agriturismo. Io al massimo posso stappare qualche bottiglia. In questa atmosfera di ritrovata unità del gruppo saziamo i nostri appetiti e  tracciamo il bilancio della giornata ed  esaminiamo il percorso della domenica. Concludiamo la serata con un brindisi al ritorno del Gian la sua spinta ci mancava bentornato!
 Termina così un tranquillo (non direi..) esaltante sabato italiano.

FIORENZO

domenica 6 novembre 2016

3. Passaggi particolari quasi inaspettati

Per il terzo giorno consecutivo avvertiamo una forte scossa di terremoto, la terra non ha ancora deciso di fermarsi e man mano che passano i giorni aumenta il numero delle vittime, un dato che lascia un fondo di tristezza nei nostri cuori.

Inizio la giornata fotografando il sorgere del sole dall’ampio terrazzo dell’albergo, un’emozione particolare veder sprigionare dai monti i primi raggi solari del nuovo giorno. Durante la colazione tracciamo il programma con il comandante che ci attenderà a Colleponte per la sosta, a metà giornata. Partiamo muniti di buone scorte d’acqua come recitano le guide del percorso. Infatti il tracciato odierno presenta inizialmente delle pendenze impegnative, senza possibilità di trovare punti di ristoro.

L’aria del mattino è fresca e leggera ed è veramente piacevole camminare in mezzo a questi boschi, certo, quando la strada comincia a salire si inizia a far fatica, ma sappiamo gestire bene lo sforzo, e poi siamo appagati dalla bellezza di questo spettacolo naturale. Ad un certo punto Fabio si ferma come se cercasse di percepire un suono, un rumore, anche noi ci arrestiamo per capire cosa cerchi e lui ci dice: “ascoltate… il silenzio del bosco”. Passaggi particolari quasi inaspettati, come quando il sentiero ci porta ad aprire un cancelletto al di la del quale si trova un piccolo gregge di pecore, siamo un pochino intimoriti nell’effettuare questa operazione, saranno pure animali docili ma in questo caso gli agnelli siamo noi! …timidi ed impauriti.

Altro attimo di esitazione, o più propriamente di disattenzione quando io e Roberto tiriamo dritti mentre la segnaletica ci porta a svoltare, l’ing. che è Savio di nome e di fatto ci riporta sulla retta via… E dopo una lunga ascesa ci aspetta una lunga discesa. Inizialmente in uno stretto sentiero tra le rocce, suggestivo e quasi da vertigini visti gli strapiombi che si presentano sotto di noi. In alcuni punti sembra quasi di poter spiccare il volo e librarsi nell’aria fino a scendere giu a valle dove vediamo le case punteggiare le distese verdi. Ancora scorci incantevoli durante la discesa, guadiamo un piccolo ruscello al di sopra del quale l’acqua zampilla tra le rocce formando una minuscola cascata davvero spettacolare.

Il sentiero sbuca su una strada asfaltata sempre in discesa, qui il passo diventa più sicuro mentre scendiamo sempre più a valle. Non c’è da annoiarsi abbiamo sempre attorno a noi angoli particolari: un vecchio mulino posto accanto ad un minuscolo gruppo di case ci parla di un tempo che fu. Immersi nella vegetazione piccoli gruppi di cavalli corrono liberi dando risalto della loro eleganza. Incontriamo e sorpassiamo due pellegrine munite di grandi zaini anch’esse dirette a  Roma, un augurio reciproco per la buona riuscita delle rispettive esperienze.

 Scendiamo fino ad Osteria di Ceselli e da qui seguiamo il corso del fiume Nera che nella sua discesa disegna anse caratteristiche rendendo più piacevole il nostro cammino. Arriviamo a Colleponte (piccolo borgo sulle sponde del fiume Nera) dove c’è Fulvio ad aspettarci, con la nostra casa viaggiante, è sempre un momento confortante quando vediamo la sagoma del camper profilarsi davanti a noi, questo vuol dire che la “squadra” sta girando bene, siamo sincronizzati e stiamo rispettando il programma. E poi c’è anche la piccola pausa, che ci fa tirare un po’ il fiato e reintegrare parte delle energie spese con un pasto essenziale, in realtà ci concediamo qualche piccolo extra(fortunatamente abbiamo delle scorte di cose buone preparate da alcuni volenterosi famigliari per questa settimana intensa).

Terminata questa piacevole sosta, mentre ci stiamo preparando per la seconda parte del cammino odierno, facciamo conoscenza di un simpatico abitante del luogo. Incuriosito dalle nostre tenute ci chiede delucidazioni sull’ esperienza che stiamo vivendo,  si informa della nostra provenienza e, quando diciamo Alessandria, subito ricollega il capoluogo a Gianni Rivera emblema calcistico ed orgoglio per l’Italia sportiva. Forse perché anche lui ha vissuto quegli anni giovanili con grande passione, essendo “un ragazzo del ’39”, come ci dice con un eloquio coinvolgente ed incalzante. Sembra quasi che abbia dentro di se un desiderio di comunicare di socializzare: Silvano Massimi si presenta così,e oltre al suo anno di nascita ci da anche alcune date di nascita di politici suoi coetanei, dimostrandosi molto preparato sul tema. Non si ferma e vorrebbe ancora raccontarci tante cose, ma noi cortesemente lo salutiamo dicendogli che dobbiamo andare, il nostro cammino sarà ancora lungo (ed in effetti lo sarà davvero), però c’è Fulvio il comandante, lui non ha fretta, auguri…

La ripresa del cammino nelle ore pomeridiane è sempre piuttosto traumatica, il caldo intenso e la digestione in corso sono uno scoglio difficile da superare, ma si va si va. Fortunatamente camminiamo su strade di fondo valle praticamente pianeggianti e man mano che scorrono i chilometri ci assestiamo su buone cadenze. In questo aiuta molto l’essere attratti dal panorama e  dai luoghi che lentamente ma  inesorabilmente sfioriamo e passiamo. Tutto è nuovo ci si sente come esploratori alla ricerca dello sconosciuto. In realtà sappiamo bene quale sia la nostra meta finale e quali le relative tappe intermedie, ma il contatto vero con i luoghi ci fa vivere momenti di grande soddisfazione personale. Ci si sente come dei conquistatori, conquistatori pacifici della bellezza e della unicità di questi luoghi. Piccoli borghi sembrano aggrapparsi con tenacia alle rocce, eremi abbandonati testimoniano secoli di spiritualità passata.


Proseguendo sempre costeggiando il fiume Nera giungiamo ad Arrone, un centro che conserva  alcune costruzioni di  valore artistico. Facciamo quasi una doccia nella piccola fontanella che troviamo all’uscita del paese, ci voleva, ci voleva proprio. Ripartiamo decisi con passo sempre più veloce perché vogliamo arrivare alla cascata delle Marmore prima dell’orario di chiusura. Già a distanza di qualche km vediamo la nuvola di vapor acqueo che si sprigiona dalla caduta di questa grande massa d’acqua, sembrano molto vicine , ma in realtà non è proprio così e dobbiamo aumentare l’andatura in maniera considerevole per poter arrivare in tempo. Infatti questo grandioso spettacolo naturale trae origine da alcune opere dell’uomo che rendono possibile la regolazione del flusso d’acqua. Arriviamo proprio in extremis, riusciamo anche ad entrare dall’accesso dei visitatori,  visto l’orario e la nostra tenuta una gentile addetta al controllo ci fa passare anche perché tecnicamente non è più possibile fare il biglietto d’ingresso. Bene! Spettacolo: tre salti d’acqua imponenti per un totale di 165 metri fanno di questo luogo,una meta di numerosi turisti. Cerchiamo di immortalare sotto vari profili questa dirompente massa d’acqua che scende impetuosamente a valle. Molto piacevole poi, vista anche la temperatura, è farsi dolcemente ricoprire da un manto sottile di vapor acqueo, sensazioni uniche. Come sempre ci capita in questi giorni le nostre escursioni turistiche devono essere estremamente brevi, non possiamo fare diversamente, ora dobbiamo rientrare sul percorso (abbiamo dovuto  e voluto fare una piccola deviazione per ammirare questo spettacolo), la nostra meta odierna non è proprio dietro l’angolo… Anche il nostro comandante ha voluto approfittare dell’occasione e anche lui è venuto a far visita alla cascata delle Marmore, quindi sostiamo sul camper per un piccolo ristoro a base di frutta secca e via verso il lago di Piediluco.

Rientriamo sul percorso indicato con segni giallo-blu e si presenta davanti a noi una salita davvero impegnativa che ci porta fino alla frazione Marmore con annesso il parco tecnologico dove sono presenti  le varie tipologie di sistemi per la produzione di energia  elettrica. Una bella area verde, una vera  oasi di pace, notiamo anche il monumento al campione di motociclismo Libero Liberati. Abbiamo superato la parte più difficile e siamo piuttosto sollevati, sentiamo l’arrivo abbastanza vicino, ma dopo tanti km il mio incedere non è proprio stilisticamente perfetto, il ginocchio sinistro viste le problematiche degli ultimi anni è un po’ in sofferenza. Emblematico e ironico (in realtà vero) il commento in madrelingua che sentiamo da un abitante del luogo mentre transitiamo davanti ad un gruppo di case: “Aooo!! Quello davanti stà a zoppicà”. Punto così nell’orgoglio cerco di darmi un assetto migliore, provo a correre su un morbido sterrato che stiamo percorrendo a fianco del fiume Velino, la leggera discesa che ci accompagna favorisce questo gesto atletico (si atletico diciamo gesto..) e mi rimette quasi in sesto. Ormai siamo in vista del lago di Piediluco, lo intravediamo  tra la vegetazione che stiamo attraversando, ha un aspetto molto gradevole romantico e rilassante, pregustiamo la meta della giornata ci sembra di essere in dirittura d’arrivo, ma ad un certo punto il sentiero devia ci porta ad attraversare la statale e risalire sulle pendici in riva al lago, sarà una piccola deviazione pensiamo,intanto i km vanno su abbiamo passato la distanza mitica della maratona risaliamo pericolosamente e transitiamo a fianco di cascinali dove sentiamo alcuni cani ringhiare in maniera preoccupante, a questo punto corriamo carichi più di paura che di energia. Finalmente dopo questo zigzagare entriamo nel paese in riva al lago, ed anche qui sembra quasi che il tracciato si prenda beffa di noi facendoci girare tra le vie,portandoci sui pontili in riva al lago sembra davvero non finire più. Finalmente vediamo l’insegna dell’hotel Mirage, non è un miraggio siamo arrivati: 46,7 km è praticamente buio, stanchi ma soddisfatti,anche oggi obiettivo raggiunto.

Il comandante c’è, è li ad aspettarci anche lui ha dovuto fare qualche peripezia con il camper ma è arrivato a destinazione. Scarichiamo i nostri effetti personali ,io con  i miei “minuscoli” tre borsoni suscito la curiosità e vena umoristica di Fulvio: ma cosa avrà mai li dentro?. Conquistate le rispettive stanze ci prepariamo per la cena in riva al lago.. non capita tutti i giorni!


È veramente suggestivo lo scenario che abbiamo di fronte a noi, l’atmosfera rilassata ed il clima gradevole rendono la serata veramente confortevole. La buona tavola aiuta sicuramente ed essendo in riva al lago scelgo specialità locali: strangozzi al sapore di lago e trota salmonata. Anche per i vini ci indirizziamo su tipicità locali ed individuiamo un bianco rinomato, la”Passerina”, ma dopo una breve consultazione con chi ci sta servendo ci viene consigliato un altro bianco tipico della zona, il “Pecorino”. La “Passerina” è un po’ fuori moda ci dicono, sarà pensiamo noi, mentre ci guardiamo con un sorriso malizioso.

Ottima la scelta comunque ed ottima anche la cena, mentre siamo ancora a tavola giungono come sempre messaggi , telefonate di apprezzamento ed incitamento per la buona riuscita del nostro progetto. Roberto ci legge il messaggio di Fulvio Massa, amico personale degli spazzo e noto per le sue molteplici attività di masso fisioterapista, giornalista,scrittore, personal trainer, ed anche lui stesso ultra trailer, quindi  una fonte molto attendibile. Visto che siamo quasi a metà del nostro viaggio nel suo messaggio Fulvio ci sprona a tener duro in questa fase centrale, perché poi “paradossalmente” negli ultimi giorni si va quasi in automatico superando la soglia del dolore e della stanchezza. Dopo questa sferzata di ottimismo, almeno noi lo interpretiamo così, ci concediamo un po’ di relax in riva al lago e su una comodo sdraio sotto la volta celeste e la placida distesa del lago raggiungo una sublimazione psicofisica davvero unica.

 FIORENZO