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sabato 12 ottobre 2019

Un colpo al cuore

Il cuore, organo vitale per eccellenza e sede virtuale dei sentimenti, è da sempre al centro dei pensieri e delle attenzioni del genere umano. La sua rappresentazione grafica è l’emblema dell’amore in tutte le sue declinazioni. Quanti aggettivi vengono accostati alla parola cuore, per identificare uno stato d’animo o una particolare situazione: ”A cuor leggero”, “Un cuore infranto”, “Un cuore ingrato”…

Al di la dell’aspetto emotivo, con tutte le sue sfumature, c’è quello strettamente fisico. Un organo così importante va tenuto sotto controllo, specialmente per chi come me pratica un attività sportiva. Quindi, come prevede la legge, ogni atleta deve sostenere una visita di idoneità presso un centro autorizzato. Nel corso degli anni ho effettuato con regolarità questo tipo di visite e dopo alcuni controlli più approfonditi, anche grazie all’evoluzione tecnologica degli apparecchi, sono emerse alcune problematiche a livello cardiaco. Una calcificazione (congenita?) alla valvola aortica che comunque è ben tollerata dal cuore e che secondo i medici non controindica la pratica sportiva. Una situazione da monitorare annualmente con una serie di esami diagnostici. Ho seguito scrupolosamente le indicazioni dei vari medici sportivi e cardiologi dello sport che ho consultato negli ultimi anni. Nonostante la mia attività sportiva nelle recenti stagioni si sia ridotta notevolmente, ho voluto mantenere l’idoneità agonistica e proseguire con i controlli che mi sono stati prescritti.

Come ben sappiamo il rischio zero non esiste, ne sono conferma i diversi incidenti avvenuti ad atleti professionisti costantemente monitorati e seguiti da staff medici di prim’ordine. Nonostante queste considerazioni mi sentivo abbastanza tranquillo riguardo alle mie (piccole) problematiche cardiologiche che, come recitava una delle tante diagnosi mediche, erano ampiamente sotto il limite di significatività.

Tranquillità che ha cominciato a vacillare nella notte tra il 25 e il 26 agosto, quando un mal di stomaco, che io imputavo ad un problema di digestione, nascondeva una situazione ben più grave. Solo grazie all’intuito ed all’insistenza di chi mi era vicino mi sono recato al pronto soccorso dell’ospedale di Varzi, dove sono stato immediatamente visitato e sottoposto ad alcuni accertamenti. Nel giro di un paio d’ore questi esami hanno evidenziato un ischemia cardiaca. Stavolta era toccato a me subire questa “ribellione del corpo”, quando qualcosa si inceppa nel meraviglioso meccanismo con cui funziona la “macchina umana”. È stato un momento particolare quando mi è stato dato l’esito degli esami svolti. Lì ho sentito tutta la fragilità dell’essere umano: stavo rientrando proprio quel mattino da un periodo di ferie, una nuova stagione di lavoro e di impegni, passioni, interessi era all’orizzonte dei mesi successivi. Niente, quell’orizzonte cambiava improvvisamente: ora ero lì, su un letto del pronto soccorso ad attendere di essere trasferito all’ospedale di Voghera.

Dopotutto non stavo neanche male, il dolore allo stomaco era quasi passato (grazie ad una flebo che mi era stata praticata), respiravo tranquillamente senza affanno, non sentivo nessun calo delle mie forze. Se non altro questo fatto mi faceva pensare che il problema non poteva essere troppo grande o forse lo pensavo per darmi coraggio, non so…

Così sperimento in prima persona l’efficienza del servizio della Croce Rossa di Voghera: molto professionali e sensibili verso il paziente, mi tranquillizzano e cercano quasi di distrarmi dalla tensione dl momento. Giunti all’ospedale di Voghera in pochi minuti vengo sottoposto ad una coronografia. Anche qui c’è grande attenzione e cordialità da parte di tutto il personale, quasi a voler minimizzare il problema cardiaco. Nel giro di mezz’ora l’operazione è completata, la diagnosi parla di un’occlusione alla coronaria destra, che è stata rimossa e messo uno stent (una sorta di rinforzo) al ramo in questione. Questo l’aspetto tecnico dell’intervento eseguito. Ora bisognava seguire il decorso post operatorio con le cure del caso.

Sono rimasto tre giorni sotto stretta osservazione nel centro di unità coronarica sempre monitorato e seguito scrupolosamente dai medici e dal personale infermieristico, per poi essere trasferito  in reparto e completare la degenza ospedaliera. Ed è qui in reparto che entri in contatto con gli altri degenti, dai compagni di stanza con i quali ti confronti più da vicino, ma anche con quelli delle altre stanze da dove nella notte giungono lamenti che ti fanno sentire più da vicino le sofferenze altrui. Questa prima notte in reparto mi fa ricordare una grande canzone di Giorgio Gaber, Gildo: “Allora salti il piano se lo sai saltare e entri in altro reparto dell’amore”.

Dopo sette giorni di permanenza, effettuati gli ultimi controlli, sono stato dimesso. Nel ringraziare tutto il personale del reparto per la professionalità e la disponibilità dimostrata mi rendo conto di come il nostro tanto bistrattato servizio sanitario nazionale mostri delle vere e proprie punte di grande eccellenza, degne di una nazione civile. Grazie ancora

A livello fisico non ho praticamente avvertito alcuna sofferenza, c’è stato però un grande shock emotivo. In poche ore era cambiata una situazione di vita, la libertà d’azione derivata dall’integrità fisica non era più tale. Lo sconforto è stato grande: amarezza,delusione, tristezza e poi ti interroghi sui perché di un evento così inaspettato. Fattori congeniti (familiarità) e altri quali lo stress e l’impegno verso le varie attività e passioni che muovevano le mie giornate. Forse troppe, suggerivano alcuni, può essere; io comunque mi sentivo di poter gestire il tutto, con qualche affanno sì, ma anche con soddisfazione. I medici mi rassicurano abbastanza, senza sottovalutare il problema che è stato risolto in tempo utile, e mi confermano che potrò tornare alle mie attività normali con calma e qualche cautela in più. Al di là del rammarico, c’è ben presente in me la consapevolezza che i problemi di salute seri siano ben diversi, basta guardarsi attorno, quindi mi rendo conto che non devo essere troppo vittimista. Un conforto  particolare in quei difficili giorni mi è giunto dalle tantissime visite, telefonate, messaggi che ho ricevuto. Davvero un ottima medicina per il mio cuore: dai miei famigliari, agli amici del paese ed a quelli conosciuti nel corso della mia vita, ai colleghi di lavoro attuali ed a quelli passati. Mi sento di dover ringraziare tutti per il loro sostegno.

Muovo i primi passi verso un periodo di convalescenza, è stato un vero e proprio “colpo al cuore”.

FIORENZO

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